Valori e fondamenta di un progetto/Senso civico e democrazia costituzionale

I cittadini come nostri primi interlocutori

di Widmer Valbonesi

Ho motivo di particolare soddisfazione nel vedere che il PRI finalmente, dopo cinque anni di riflessione politica e culturale, sta cercando concretamente di realizzare quello che io ritengo un progetto necessario da almeno venti anni, e che è stato immolato sull’altare di politiche contingenti di schieramento che, nella loro asfissia intellettuale e strategica, non potevano che portare al disastro attuale .

La crisi non è solo economica e finanziaria ma, sia a livello europeo che a livello dei singoli stati, mostra deficit di cultura democratica che devono preoccupare le classi dirigenti dell’Europa. Europa che è stata da sempre il punto decisivo della cultura degli ideali di libertà, democrazia e di equilibrio del mondo occidentale, e del mondo intero. Oggi l’Europa corre seri pericoli non tanto e solo di natura finanziaria e monetaria, ma è la prima volta che l’Europa sta assistendo impotente allo smantellamento della democrazia.

Sotto la pressione della crisi e dei mercati, il potere decisionale è finito - dalle mani dei popoli e dei cittadini – nelle mani di istituzioni che non hanno legittimità democratica, come il Consiglio europeo che fa politica senza avere il mandato di farla. Il grande filosofo liberale e repubblicano Jurgen Habermas ha definito "post-democrazia" il sistema che Angela Merkel e Sarkozy hanno instaurato durante la crisi. In tale sistema il Parlamento europeo non ha più nessuna influenza e la Commissione europea è un organo sospeso in aria. "Io condanno i partiti politici. La nostra classe politica da tempo è inetta e incapace di aspirare ad altro che non sia la semplice rielezione.E’ assolutamente priva di sostanza, non ha principi e così i tecnocrati hanno messo a segno un colpo di stato silenzioso". Parole durissime sostenute da un europeista convinto che legge nelle politiche autarchiche della Germania e della Francia la distruzione del disegno di un’Europa politica capace di sollecitare i valori comuni e l’identità della solidarietà, e che invece vede il sorgere di tendenze estremistiche e nazionaliste in Francia e in Germania. E in altri stati euroscettici.

Questa, amici repubblicani, è la prima emergenza democratica e di sicurezza atlantica perché è evidente che la rinascita di fenomeni nazionalistici e il fallimento dell’Europa politica aprirebbero pericolosi scenari anche per la convivenza pacifica. L’Europa che Mazzini, fin dal 1834, insegue, l’Europa di De Gasperi e di Ugo La Malfa, di Adenauer e di Kohl aveva come concetto base la stabilità democratica e il superamento delle concezioni nazionaliste.

Mazzini subordinava il concetto di Patria a quello più ampio di Umanità, auspicando che il concetto di nazione sarebbe stato superato a favore di una federazione fra i popoli europei che, da un lato, avrebbe permesso la rimozione delle tensioni internazionali sanando le ferite nazionaliste e, dall’altro, avrebbe permesso lo sviluppo anche dei popoli più poveri. Le nazioni sarebbero dovute giungere a questo nuovo assetto geopolitico spinte dalla comprensione della "legge morale a cui tutte sono soggette". Diceva il nostro maestro: "noi crediamo nella libertà, nell’uguaglianza, nella fratellanza, nell’associazione delle nazioni. La nazionalità, indicata a un tempo dalla tradizione, dalla lingua, dai segni d’una attitudine o missione speciale deve mettersi in armonia con l’insieme e operare pel miglioramento di tutti, pel progresso dell’umanità. La carta e l’ordinamento d’Europa devono rifarsi secondo questi principi".

Ecco perché l’indignazione dell’ultimo vero europeista, Habermas, è così forte: egli intravede il regresso della democrazia. Noi dobbiamo capire e fare nostro il suo appello ai cittadini d’Europa. "I cittadini di ogni singolo paese, che finora hanno dovuto accettare la riallocazione delle responsabilità al di là dei confini sovrani, in qualità di cittadini europei, potrebbero far pesare la loro influenza democratica sui governi che al momento agiscono nell’ambito di una zona grigia costituzionale". Una democrazia liberale europea che ponesse corrette regole contro le inuguaglianze e le devianze del capitalismo finanziario, sarebbe forse la potente idea che potrebbe modellare una nuova società al di fuori dei modelli, triti e ritriti, ma già superati; una classe media europea il cui popolo non è né tra l’1% che attualmente si divide nel mondo la maggior parte della ricchezza, né nella parte più bassa che vive in termini di povertà, sprovvista di educazione, di proprietà e di lavoro.

Il progetto di Habermas è una costruzione politica unica capace di ospitare al suo interno differenti forme di vita culturali. Contro questo progetto di democrazia liberale basato sulla consapevolezza dei cittadini, lavora quella parte consistente del potere che desidera l’assopimento del pensiero.

A favore ci siamo noi. Se le anime restano sedute in poltrona a guardare la TV, non c’è molto di che sperare. Ma ogni volta che qualcuno si alza dalla comodità per volere davvero qualcosa, allora il progetto riprende forza e torna possibile un’Europa unita e indipendente, all’altezza del suo posto nella storia e nel mondo. Noi oggi abbiamo la possibilità di parlare alle coscienze dei cittadini italiani ed europei facendo nostro l’appello antico di Mazzini - e anche quello moderno di Habermas - costituendo la federazione liberaldemocratica italiana collegata con la federazione liberale europea. Quando un paese in piena crisi della politica, dei partiti, della sfiducia dei cittadini verso le istituzioni, versa nelle condizioni in cui versa la nostra Italia, è giunto il momento di offrire al nostro paese la riserva morale e politica rappresentata da quell’"altra Italia" che sognava Ugo La Malfa.

L’Italia oggi vive un pericoloso deficit di democrazia; ma non ha ancora afferrato bene ciò che è accaduto nel mondo con la globalizzazione e cosa fare per essere protagonisti e non gregari della competizione globale. Il bipolarismo muscolare ha creato un vuoto della cultura politica e non è più arrivato ossigeno intellettuale al dibattito politico e parlamentare riducendo tutto alla conquista del potere, cercando di catturare consensi clientelari e non di rappresentare l’interesse generale. Quando gli intellettuali diventano organici alle ragioni dello schieramento, si capovolge il paradigma repubblicano e democratico che fa della libertà intellettuale la principale risorsa per capire l’evolversi del mondo.

Il risultato lo vediamo nella dichiarazione di oltre il 50% di cittadini che non andranno a votare, nel cavalcare l’antipolitica e il qualunquismo. A questa degenerazione noi dobbiamo offrire la politica di un progetto positivo al servizio del paese. Se l’Europa politica deve essere l’orizzonte democratico che noi offriamo ai giovani e al nostro paese, dobbiamo fare una riflessione profonda: che cosa è la Repubblica, cosa significa essere cittadini in repubblica?

Diritti e doveri, la virtù civile, la cittadinanza, il bene comune e l’interesse generale. Cosa devono fare i partiti in repubblica? Come si persegue l’interesse generale? con quali strumenti? Quale modello costituzionale? Che cos’è la terza via liberaldemocratica e repubblicana?

Voglio partire da qui per spiegare che la terza via è prima di tutto un fatto culturale, un modo originale e diverso di interpretare e governare un paese e che nel contesto europeo si sostanzia in una cultura diversa da quella popolare e da quella socialista.

Nel nostro paese, soprattutto negli ultimi vent’anni, si è trattato di due visioni contrapposte, destra e sinistra, ma ambedue artefici di politiche assistenziali e corporative ed ambedue responsabili del debito pubblico che pesa così tanto sul nostro apparato produttivo.

Chiediamoci qual è il ruolo dei partiti in Repubblica, quello previsto dall’art. 49 della Costituzione che recita: "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale". Questo significa che i partiti in Repubblica devono concorrere a governare il bene comune, l’interesse generale, non a distruggere il bene comune favorendo il corporativismo, le clientele, l’assistenzialismo. Quindi la prima cosa che può fare una forza liberaldemocratica è ricostruire il clima politico di fiducia fra cittadini e forze politiche recuperando per tutti alcuni principi liberaldemocratici contenuti nella costituzione e nel manifesto di Oxford del 1997 che, secondo me, è il documento base, perché quelle che erano diversità storiche fra liberalismo e repubblicanesimo in questa sintesi, di fatto, sono superate. Il manifesto recita: "la libertà e la responsabilità individuale sono il fondamento di una società civilizzata; - lo Stato è soltanto lo strumento dei cittadini di cui è al servizio; - ogni atto dello Stato deve rispettare i principi della responsabilità democratica; - la libertà costituzionale è basata sui principi della separazione dei poteri; - la giustizia richiede che in ogni procedimento penale l’imputato abbia diritto ad un rapido processo pubblico, e ad un equo verdetto scevro da qualunque influenza politica; - il controllo statale dell’economia e i monopoli privati minacciano entrambi la libertà politica; - diritti e doveri sono inscindibili; - ogni cittadino condivide una responsabilità morale verso gli altri; - un mondo pacifico può essere costruito solo sul rispetto di questi principi e sulla cooperazione tra le società democratiche.

Noi riaffermiamo che questi principi sono universalmente validi.

Libertà, responsabilità, tolleranza, giustizia sociale ed uguaglianza delle opportunità: questi sono i valori essenziali del liberalismo, e continuano ad essere i principi sui quali deve essere costruita una società aperta. Questi principi richiedono un attento equilibrio tra società civili fortemente avanzate, governo democratico, liberi mercati e cooperazione internazionale

Noi crediamo che le condizioni essenziali della libertà individuale comprendano il rispetto della legge, uguali opportunità di raggiungere un’educazione completa e diversificata, la libertà di parola, di associazione e di accesso all’informazione, uguali diritti e opportunità per uomini e donne, la tolleranza delle diversità, essere inclusi nel contesto sociale, la promozione dell’iniziativa privata e delle occasioni di occupazione.

Noi siamo convinti che la società fondata sul senso civico e sulla democrazia costituzionale rappresentino la base più giusta e stabile per l’ordine politico. Ove per società fondata sul senso civico noi intendiamo una società costituita da cittadini liberi che vivono in un sistema di leggi certe, con diritti individuali garantiti e con i poteri di governo limitati e soggetti al controllo dei cittadini. Ho voluto riportare questi principi perché se nel dibattito ideologico che ha diviso repubblicani e liberali nel corso di questi anni ci fossimo pronunciati su questi che costituiscono l’evoluzione culturale rispetto allo sviluppo del mondo, forse avremmo trovato più convergenze che divisioni.

Il deficit di senso civico o di virtù civile è ciò che dobbiamo offrire ai cittadini e ai giovani per far capire loro qual è il grimaldello che apre loro gli spazi di lavoro e di libertà e poi la moderna concezione della cittadinanza che è pieno rispetto delle regole comuni. Ma il pragmatismo repubblicano può offrire non solo principi ma anche strumenti di governo per perseguire nell’interesse generale l’interesse di tutti. Gli strumenti della programmazione pubblica e della politica dei redditi, il metodo delle scelte prioritarie riferendosi al bene comune e a scelte di eguaglianza e di scale di bisogni. Poi un’articolazione snella dello Stato affinché i cittadini percepiscano che lo stato è il regolatore delle politiche sociali e di sviluppo, non l’oppressore che rapina cittadini ed imprese per il suo burocratico e assistenziale mantenimento.

Quindi quando qualcuno ci chiede: ma chi sono gli interlocutori di questo progetto? Noi dobbiamo rispondere che sono i cittadini in primo luogo, che se vogliono mantenere gli spazi e gli orizzonti di una società libera ed aperta devono partecipare alla creazione e al controllo del governo del paese. Poi gli intellettuali di matrice liberaldemocratica e repubblicana senza veti ed esclusioni preventive. La federazione liberaldemocratica deve essere una palestra di confronto e dialettica politica e sopratutto gli intellettuali devono impegnarsi a dire la loro opinione in assoluta libertà. E’ la cultura che può migliorare e qualificare la politica, non l’opposto, e cioè il posizionamento della cultura sulle visioni di corto respiro della politica. Le associazioni di matrice repubblicana e liberaldemocratica, che sono tante associazioni, circoli, che parlano di economia, di cultura, di tempo libero, delle professioni: vi ricordo che siamo molto più articolati nella società di quanto possiamo immaginare. Occorre dare a questo mondo, ma soprattutto ai giovani che vogliono essere liberi, un’organizzazione politica che valorizzi la politica come capacità di sintetizzare il governo dell’interesse generale piuttosto che le illusioni dell’antipolitica o il permanere nelle paludi del clientelismo e del corporativismo che azzerano le speranze dei più deboli e dei più giovani.

La nostra collocazione politica è una conseguenza naturale di ciò, ma dobbiamo essere soggetti culturalmente riconoscibili per essere una forza rispettata e il momento di aggregazione delle forze migliori della nostra società. Chi considera la libertà e la democrazia come fine e non come mezzo per trasformare le società, propone o mancanza di regole a garanzia della libertà di tutti o peggio ancora egualitarismi e discriminazioni verso le minoranze. Essere repubblicani e liberaldemocratici nella contingenza politica non significa collocarsi ma definirsi, ricorrendo alle nostre radici che sono le radici della libertà come mezzo, che sono la tolleranza e il metodo del confronto, che sono la conoscenza dell’Umanità come religione laica contro gli integralismi e i dogmi religiosi, che sono l’Europa politica come baluardo dei valori di civiltà occidentale ma anche un esempio di collaborazioni democratiche ai fini del benessere delle collettività amministrate e di stabilità nel mondo, che sono l’associazionismo come strumento produttore di capacità critica, attiva e propositiva della società civile, che sono il pluralismo politico e culturale, garanzie di quel confronto deliberativo che mantiene vive e propositive le democrazie affidando alla politica il compito della sintesi dell’interesse generale.

Essere repubblicani e liberaldemocratici significa avere dentro di noi quel senso del dovere verso la Repubblica rappresentata dalla sua Costituzione; e non solo una concezione della libertà come fine per cui tutto è individualismo e diritto e mai senso comune. Essere repubblicani e liberaldemocratici come lo erano Ugo La Malfa, Spadolini, Francesco Compagna, Piero Gobetti, Giovanni Amendola, Romeo, Valiani e tutta la tradizione mazziniana: è spirito di sacrificio per una causa che non è solo la nostra causa, ma la causa degli umili, dei deboli, dei meritevoli, dei tolleranti, degli spiriti liberi, dei giovani, della creatività, della felicità.

Questo spirito di sacrificio si deve vivere dando una parte di sé come contributo partecipativo, critico ma misurato, mai servile verso gli opportunisti o i potenti ma nemmeno pavido fino all’isolamento con chi ci è vicino. La dialettica, se è sui contenuti, è sale per rinnovare la cultura politica, i partiti o i movimenti; le sintesi si trovano se si è animati dalla volontà di essere ciò che siamo nei valori e se recuperiamo una misura laica e tollerante verso chi non la pensa come noi all’interno e all’esterno del nostro mondo.

Non può esserci più rispetto per coloro che propugnano valori diversi dai nostri, ma alleati, che per coloro che propugnano gli stessi valori ma con valutazioni diverse di schieramento, e questo vale per le minoranze ma anche per le maggioranze. Il rispetto va riconosciuto a tutti e non c’è molta differenza fra un’oligarchia di destra o di sinistra: infatti, del parere della base fanno strame entrambi. L’unico modo per rinnovare la politica e il paese è partecipare senza piagnistei attivamente. Se la goccia scava la roccia, la passione può intercettare la ragione di chi non è più disposto a farsi governare da oligarchie riciclate che disegnano glorie per loro e ruoli stanchi per i cittadini. Passione e ragione sono come pensiero ed azione, ma occorre coraggio e determinazione e forse tempi lunghi per trionfare; le scorciatoie di chi vuole parlare di problemi di schieramento di solito nascondono le trappole dei loro egoismi ed aspirazioni, e confinano i militanti in ruoli stanchi, hanno spesso un unico sbocco definito: essere tacitati per essere liquidati.

Essere repubblicani e liberaldemocratici in Italia e in Europa può significare un’ipotesi di equilibrio e di rinnovamento della politica; non può e non deve significare essere assorbibili o diventare socialisti e popolari. Noi siamo diversi, siamo culturalmente diversi e siamo politicamente diversi, possiamo collaborare con tutti per il governo del paese ma non possiamo e non potremo mai, in cambio di uno strapuntino, coprire le politiche distruttive del bene comune che ci venissero offerte.